D’etrusco respiri

Respiri d’etrusco

e mentre ti ascolto

in mezzo al petto

s’apre il raggio di un pianeta spento.

Hai proprio l’incedere

di un aruspice severo,

soltanto che le tue lentiggini,

tramandano una vita celtica,

tra cascate rigogliose nei boschi

e sacri silenzi.

Poi mi arriva alla mente

mentre mi baci

il senso delle tue vite immemori;

asciugo una lacrima

che mi cade dal volto, quieta

quando rivedo il tuo,

triste e amareggiato,

prima re e poi esule,

stanco,

con i piedi strascicando

brandelli di dignità,

di virtù operosa.

Quante vite intravedo nell’iride tua!

Oggi però mi sembri nuovo,

sorto a nuova vita,

come se l’amore che ci unisce,

non vacillasse al ricordo

della storia,

ma si irrobustisse,

credo.

Oggi mi sembri nuovo,

uomo tra mille uomini,

ma inconfondibile:

amante, amatore, amato.

Alessandra Vettori

Erano i giorni della pioggia

Erano i giorni della pioggia

e tu mi aspettavi con l’ombrello,

per farmi riparare dalle gocce forti,

per non farmi bagnare.

Erano i giorni della solarità

e tu mi aspettavi

perché il calore non mi scottasse troppo,

per non farmi bruciare.

Erano i giorni della luna e delle stelle fisse

e il tuo viso giaceva riposato

su un giaciglio abbandonato,

raccoglievi fiori e foglie secche,

bacche rosse e sassi levigati,

rubati al fiume il giorno prima.

L’allodola seguiva le tue orme,

erano i giorni dei suoni acuti e gravi

e tu tenevi per me quella musica

fatta di note tenere e addolcenti

e guarivi tutte le mie ferite,

come quella volta,

la prima volta in cui ti vidi.

Alessandra Vettori

Kalevala

Erano i giorni dell’epica,

il mulino magico e sacro stava lavorando

nel silenzio della foresta,

l’acqua sorgiva alimentava

il suo vitale movimento.

Sembrò a tutti che il tempo si fosse fermato.

La polvere di farina ingrassava le menti

tese, lì, a creare figure di pane

con all’interno una morbida mollica

(quella, destinata ai passeri stanchi);

l’antico albero capovolto,

mosse le fronde della chioma e

intavolò con l’uomo un bel discorso.

“Che fai nella foresta, tutto solo,

cerchi odio od amore,

sogno o realtà,

cenere o fuoco?”.

Tutti gli elfi della montagna

sorrisero e decisero di recarsi al villaggio,

per donare fiori alle fanciulle in amore,

per ritagliare ed intagliare nel legno

strumenti musicali

con i quali comporre

strane musiche.

Indovina un po’, fece l’uomo felice,

indovinate, voi, cos’ho nelle tasche?

“Monete d’oro, d’argento e di bronzo!”,

risposero gli elfi saccenti.

L’uomo tirò fuori dalla tasca dei calzoni,

rammendati tante e tante volte,

un piccolo bulbo di bambino

e lo diede alle silfidi e alle ondine,

perché lo crescessero loro,

che erano quasi tutte madri.

E sai che successe quando,

dopo anni e anni, tornò a riprenderselo?

Era diventato un nobile ragazzo,

che raccolse le sue cose in una coppa,

la regalò successivamente alla sua donna,

e il mulino riapparse d’incanto nel bosco,

rianimò la foresta,

la vita tornò a scorrere giuliva,

negli sguardi dei suoi misteriosi,

simpatici abitanti.

Erano i giorni dell’epica, amico caro,

non  te lo scordare.

Alessandra Vettori

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