La musica delle pietre (lamento di un templare)

Erano i tempi degli eroi

e io sguaiavo la spada,

coraggio nella mano e nell’animo,

nobiltà sul volto dove palpitavano

i battiti del cuore

impressi dalla compassione

per i deboli, gli umili, i vinti.

Il Nemico era lì, alle porte,

ma gli avversari non avrebbero mai potuto

varcare le soglie del Tempio.

“Qui il Tempo si fa Spazio”,

celebrò un Artista fedele.

Quel castello…,

dove le pietre immemori,

cantavano fra loro su le solenni note,

note gioiose,

note tristi,

note fatte di un sorriso calmo,

appena pronunciato,

in accordo con l’espressione

sovrumana degli occhi.

La musica delle pietre poi,

si era irrigidita,

a detta di un filosofo.

A detta di un poeta e altro ancora,

si era ammutolita.

Le pietre avevano fatto il sacrificio

di non diventare più invisibili,

volevano farsi vedere bene

dagli uomini

per mostrare loro

come si possono

ritrovare i ritmi della

terra e del cosmo perduti,

l’Amore osservando.

La mia spada, fatta di conoscenza,

l’impeto purificato del cuore,

di amore e di luce anelante,

l’armatura, veste sacerdotale,

solo indossata per difendere

la bellezza, la bontà, la verità

dell’Essere.

Il Graal

ascolta la domanda muta dell’uomo

preghiera pòrta

attraverso le pietre

che da un’architettura felice,

fatta di numeri, geometrie, proporzioni,

risplendono

mentre si ergono dalla terra

in alto, in alto.

I nuovi Parsifal

facciano risuonare le melodie

dei loro violini,

delle cetre,

degli strumenti fatti di divina materia

per contemplare il Graal.

Ciascuno di noi ha il proprio

graal nel cuore

e della sua vita

immortala la scultura

che più gli aggrada,

che più corrisponde

al ritmo individuale

con il quale è disceso sulla terra.

– Pensate voglia insegnarvi qualcosa? –

sussurrava severo il Maestro.

– Parlo soltanto per farvi ricordare –

sussurrava severo il Maestro.

– Ognuno di voi ricordi il ritmo proprio del cuore interiore –

sussurrava severo il Maestro.

– Ognuno di voi ricordi il ritmo interiore dei propri fratelli

e mai si dimentichi dell’unità del Tutto –

sorrideva severo il Maestro.

Alessandra Vettori

Percival a cavallo, da un manoscritto del XV secolo

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