“Andrej Amalrik”, di Eugen Galasso

Se si rilegge l’aureo libretto di Andrej Amalrik, “Sopravviverò l’Unione Sovietica fino al 1984?” (in italiano Roma, Coines edizioni e Alexander Herzen Foundation, Amstel 268, Amsterdam, 1971, mentre l’originale è di due anni  prima, aprile-maggio-giugno 1969 )ci accorgiamo subito di alcuni problemi: prima di tutto, nel volume l’allora trentenne storico(nato nel 1938, morto nel 1980 a causa di un incidente strdale, ma dopo anni di detenzione per motivi politici),  dissidente russo(sovietico, ma non per appartenenza ideologica)ci accorgiamo che le previsioni e la futurologia, talora, possono far par parte, magari con un po’di prudenza. Amalrik, storico intelligente quanto a tratti”imprudente”, individua(si parla di fine anni 1960)tre forze di opposizione all’allora regime URSS(ricordiamo che Gorbacev arriva quasi vent’anni dopo): “il marxismo-leninismo autentico, l’ideologia cristiana e quella liberale”(op.cit., p. 31). Intellighenzia, quella di questi gruppi o meglio”classe media”, come dice Amalrik stesso, ma si tratta, dice l’autore, di”ideologie piuttosto vaghe”(cit., p.32), di un corpo sociale sostanzialmente rinunciatario, che forse non sarebbe stata in grado di combattere efficaceemente il regime. IN seguito , però, Amalrik ventilava una possibile guerra tra Cina popolare e URSS, più probabile, a suo parere, di una guerra USA-URSS. Inutile dire(lo sappiamo)che non ci sarebbe stata alcuna guerra tra super-potenze, ma quella con la Cina era altamente improbabile: fino al 1976 visse Mao-Tse-Dong(nuova grafia), che non voleva la guerra neppure contro i revisionisti russi, mentre qualche anno dopo, con Hua-Kuo-Feng, c’erano i continuatori della tradizione maoista; poi con Deng-Hsiao-Ping(inizio anni Ottanta)netta inversione di rotta e il”pragmatismo”per cui(famosa frase di Deng): “Non importa che il gatto sia bianco o nero; importa solo che prenda i topi”. Un pragmatismo deciso a portare la Cina, formalmente”Repubblica popolare”nell’alveo capitalista, pur mantenendo formule e nomi di tipo”comunista”, fino agli exploits in Borsa etc. UN pragmatismo conscio dei pericoli della guerra, anzi di una guerra… che la Cina, rossa o tale solo di nome e di facciata, non avrebbe potuto “reggere”. Amalrik sbagliava, dunque? No, ragionava in base a categorie strategiche e geopolitiche pre-comuniste da un lato e adatte, piuttosto, anche per società sostanzialmente avviate verso il”capitalismo”, con argomentazioni adatte alle guerre tradizionali, fino alla Seconda Guerra Mondiale compresa: la conquista/accaparramento di fonti energetiche etc., mentre(almeno) dagli anni Ottanta in poi si affermano altre logiche, volte piuttosto al neo-colonialismo e all’imperialismo economico, ossia a quanto la Cina sta facendo (anzi ha in gran parte già realizzato) in Africa, in Asia, ma anche altrove…     Eugen Galasso

“Régine Deforges”, di Eugen Galasso

Régine Deforges(1935-2014), notissima in Francia, non è molto conosciuta in Italia, a causa della scarsa volontà di tradurre le sue opere e di proporle al pubblico italiano, considerato(oggi, mentre ciò non valeva ieri) molto diverso da quello transalpino. Femminista, audace nei suoi romanzi erotici(“Le con d’Irène”, titolo che si riferisce all’organo sessuale femminile, era stato erroneamente attribuito ad Aragon), la Deforges è però diventata celebre per i suoi romanzi storici, raccolti nella”saga””La Byciclette bleue”(la bicicletta blu)che percorre la storia di Francia o meglio del mondo francofono, ma non solo,  del 1900, dall’occupazione nazista alla guerra, alla Resistenza, alla Guerra in Indocina, alla Guerra d’Algeria, al dopo. Romanzi molto”organizzati”, dove la coppia centrale di protagonisti (Léa e François Tavernier)vive di luce propria ma fa ruotare intorno a sé tante vicende storiche, con tanto di citazioni dei personaggi storici(Pétain, De Gaulle, il Colonel Fabien, Guevara, Debré, Sartre, Camus, Jeanson, Vailland,  Salan, il generale, inquietante e affascinante, che promosse il golpe algerino nel 1961 al grido di “Algérie française”e fondò l’OAS(“Organisation armée secrète”, organizzazione armata segreta), dove, come durante la Seconda Guerra Mondiale, giganteggia la figura di De Gaulle, capace di restituire l’Algeria agli Algerini, con tutti i richi annessi e connessi, legati a certe letture del”Corano”e dunque dell’Islam iper-radicale…). Storie e storia, dove la letteratura diventa veicolo di trasmissione della storia per le generazioni più giovani, che hanno bisogno, come gli Italiani in epoca risorgimentale(ma anche oggi…)di essere”esortate alla storia”. Citazioni, s’è detto, ma anche molti dialoghi, vivaci e paratattici, che non disdegnano l’uso dell’argot(“dialetto”, “gergo popolare”)e dei espressioni anche crude e volgari. Per l’autrice l’amore è”aventure de la vie”(avventura della vita), ma in questi romanzi storici riesce a compenetrare pienamente le vicende private con quelle pubbliche, storia personale e storia “oggettiva”.      Eugen Galasso

Romanticismo inglese di Eugen Galasso

Il Romanticismo, inglese, nella fattispecie, ma “fecondato” da altre spinte(politiche, sociali, la lotta per l’indipendenza greca, mentre quella made in Italy si stava”formando”), letterarie(romanticismo tedesco(le”Maerchen”anche orrorifiche dei fratelli Grimm, i racconti”terribili” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann etc.), filosofico-letterarie(Rousseau, ça va de soi…),  scientifiche(le esperienze “galvaniche”di Giovanni Aldini, scienziato italiano), da presenze molto reali come i suoceri”affascinanti”di Percy Shelley, Mary Wollenscraft, teorica del femminismo e di William Godwin, pensatore utopico, “anarchico”, come Claire Clairmont, “sorella”di secondo letto di Mary, una delle protagoniste di quella”mitica”notte di giugno 1816, detta di”villa Diodati”, dal luogo in cui lord George Gordon Byron, Percy e Mary Shelley, John Willam Polidori, segretario di Byron, ma anche scrittore in proprio e medico, ma anche altri(tra cui Matthew Gregory Lewis, autore a fine 1700 di”The Monk”, forse il primo romanzo gotico, della contessa Potocka e di altre figure)si incontrarono, non per una notte, ma per un’estate del 1816, “El ano del verano que nunca llego’ “(L’anno dell’estate mai arrivata), come nel bellissimo libro(ediz.Bogotà-Barcelona, Literatura Random House, 2015)di William Ospina, poeta, studioso, critico colombiano, che, nel suo libro sospeso(intendo come”sintesi creativa”)tra narrazione(récit, si dice in francese, termine in qualche modo intraducibile…), saggio, epifanie poetiche, ci dà un quadro ampio e saggiamente”divagante”della famosa notte. Un tema già affrontato, altrimenti, da Danilo Arona, studioso italiano, nella sua lunga(100 pagine) introduzione a”La notte di villa Diodati”(Roma, Nova Delphi, 2011). In Arona la preoccupazione è più puntuale-analitica, ricostruttiva, pur con la formulazione di varie ipotesi, mentre il respiro lirico di Ospina(che non esclude né forclude la componente analitica)va oltre, formulando varie ipotesi, come quella della rivalità tra Byron e Polidori, dove i terribili scherzi del poeta, libertino inveterato(bisex, inter cetera), colpiscono sempre John, italo-inglese di solida formazione scientifica, ma impacciato e”cresciuto all’ombra”del”terribile”poeta, come l’innamoramento(solo intellettuale-culturale, certo)di Percy Shelley, persona timida e riservata, nonostante il suo”scatenamento”prometeico, quasi da”Capaneo”dantesco, nella sua” The Necessity of Atheism”, quando poi Ospina ironizza sul comportamento invero molto borghese di Godwin, padre-patrigno amorevolmente borghese verso la sua famiglia molto allargata…  Netta la differenza tra Ospina e Arona a proposito della paternità di”The Wampyre”(Il Vampiro)di Polidori, testo di grande successo: per Ospina Byron per un certo tempo lo accreditare come proprio, per Arona, invece, il poeta si sarebbe discostato ben presto dall’ipotesi… Divergenze più che permesse dalle fonti, molto in contrasto tra loro e capaci di permettere la coesistenza di diverse ipotesi interpretative, appunto… siamo nell’ambito del”compossibile”, appunto. Ospina, gran viaggiatore anche approfittando delle conferenze all’estero, visita Ginevra e la”maldita”residenza ginevrina dei Diodati, nobili made in Italy, massoni(quando ai”freemasons”si attribuivano capacità occulte, medianiche), nobili non ben classificati nella residenza ginevrina, quando Genève era da poco diventata svizzera, dopo essere stata per tanto tempo francese, ma anche in un luogo multi-culturale da sempre e per tradizione, la Francia e soprattutto Parigi, Londra e the old England in genere, Roma, tornando certo anche nella natìa Colombia, regione di Tolìma(quella in cui “el idioma castellano”assume sfumature un po’cantate tali da assimilarlo a certe zone della Romagna), cittadina di Padua. Ritrova tracce, le amplia ipotizzando e poi riflettendo sulle ipotesi, non perde mai le tracce, le ri-confronta. Parte dai fenomnei atmosferici inquietanti(il titolo del libro non è certo solo un pretesto, i fenomeni furono realmente inquietanti , quell’anno), conclude riflettendo su come”mentre Goethe interrogava l’arcobaleno della storia e Schiller concocava alla rivolta, mentre Byron combatteva con i suoi dèmoni e Shelley soccombeva alla fatalità e alla musica(tutti i protagonisti della storia di Villa Diodati muoiono giovani e tragicamente, Polidori suicida, Lord Byron in Grecia combattendo, Shelley in mare per una tempesta, Mary più tardi, ma non anziana-a 53 anni-rosa da un tumore al cervello, su ciò entrambi gli studiosi concordano, rimandando all’eterno mito romantico), Hoelderin incalzava invano le sibille per porre la domanda più profonda e più urgente dei tempi moderni: come si formano i miti, presso i popoli?”(Ospina, “El ano…”, op.cit.,  p.290).  Vie diverse, con Arona così attento alle messe in scena filmiche(pur se anche in Ospina non mancano riferimenti, in particolare alle messe in scena di ROger Corman per”Dracula”e affini(vampiri nelle loro varie declinazioni) e Ken Russell per “Gothic”, sceneggiatura di Stephen Volk , 1986, dove Arona preferisce di gran lunga la sceneggiatura alla realizzazione registica… Ma torniamo ai testi prodotti quell’estate o poco dopo: “The Burial”di Byron(“La Sepoltura”, “The Wampyre”di Polidori, “Frankenstein or the Modern Prometheus”(F.o il moderno Prometeo)di Mary Shelley, mentre Percy  Shelley, per dirla in gergo del gioco alle carte”passa”-si astiene. Interessante il tema delle due figure, dove potremmo intravvedere il fantasma dell'”Altro”, come Arona(ma, da altri presupposti) sembra  lasciar intravedere, nel breve racconto, molto enigmatico di Byron, che invece Polidori sviluppa, senza mai cadere nelle secche del vampirismo”gore”…  Ma il testo più geniale è quello di Mary Shelley, con il mito prometeico del mostro di Frankenstein(in realtà così si chiama lo scienziato del romanzo, ma quasi tutti/e attribuiscono il nome alla”creatura”), tra “Nuovo Prometeo”, appunto e”homunculus”di Teofrasto Bombasto Paracelso e non solo…   Per dirla in formula:”il Romanticismo è vivo e lotta insieme a noi”.   Eugen Galasso

Lev Tolstoj di Eugen Galasso

Lev Tolstoj(1828-1910)è giustamente considerato uno scrittore di enorme rilievo(non so dirlo meglio), pur se rimane controversa la questione del rapporto con DOstoevskij, ossia l’eventuale superiorità dell’uno sull’altro, una quaestio che per molti critici dell’epoca(Soloviev, per fare un esempio)si risolve a favore di Dostoevskij, fino a un libro degli anni Settanta del Novecento di George Steiner, con romanzi come”Anna Karenina”, “Guerra e pace”, “Sonata a Kreutzer”,  tanti racconti (quelli di Sebastopoli, quelli dedicati al Natale e altre feste cristiane), fiabe, testi teorici, saggi. IN Tolstoj, dove “ingenerosamente”, in realtà pour cause,  per ex.in”Guerra e pace”si sottace la grandezza di Napoleone, che l’autore ritiene solo militare, il pensatore(grande, certo, entro i limiti umani, indubbiamente più di molti  “filosofi di professione”, magari di coloro che per tutta la vita studiano  Heidegger o Carnap senza capirci invero molto…)entra sempre nell’opera creativa, lo scrittore è anche nei saggi. Vegetariano, pacifista convinto(lui che era stato ufficiale nella guerra di Crimea), fautore di una pedagogia anti-autoritaria(a Jasnaja Poljana, suo luogo di nascita, fondò una scuola ispirata ai suoi ideali), avversario della proprietà privata, teorico di un cristianesimo anti-trascendente, fondato sull’amore del prossimo(“IL regno di Dio è in voi”), sostenitore della vita pratica(“Che fare?”)e di un’arte al servizio della vita sociale(“CHe cos’è l’arte”), autore di un solo testo teatrale di grande rilevanza politica(“La potenza delle tenebre”), fondato sul rifiuto della guerra e del militarismo, ispiratore di Gandhi, con cui fu in contatto epistolare come anche di tante teorie e prassi nonviolente e libertarie(pur se non si disse mai né”anarchico”né”libertario”, forse perché rifiutava le etichette), la lettura di ogni opera letteraria e teorica di Tolstoj è di grande importanza. Chi scrive, da”tolstojano”era, anzi è diventato conscio di limiti anche notevolissimi delle teorie del grande autore (questa, credo, la migliore definizione della sua opera), ma ne riconosce i meriti, in primis per essersi espresso coerentemente, senza rèmore, in un’epoca in cui ogni presa di posizione era/è”sotto attacco”, per aver preso su di sé attacchi, calunnie, insulti, oltre(certo)a riconoscimenti anche di grande importanza.   Ogni testo(come si è detto, letterario, teorico, pedagogico etc.)di Tolstoj è da prendere in considerazione, dalla sua critica alla caccia, all’ alcol e alle”droghe”(all’epoca l'”offerta”era ben più limitata…), fino alle rappresentazioni “epiche” delle grandi questioni(guerra versus pace, amore e matrimonio, castità)nelle opere maggiori o meglio più conosciute. Sempre tenendo presente che l’opera tolstojana è una, “indivisibile”, non parcellizzabile per esigenze di analisi e di studio.    Eugen Galasso

Irving Washington di Eugen Galasso

Washington Irving(1783-1859), considerato il primo vero grande scrittore USA(una generazione o quasi prima di Poe, Melville, Emerson, Hawthorne, per intenderci), di radici saldamente olandesi, in varie occasione ricordate, ma attento alla riscoperta di quelle inglesi e in genere britanniche(ma il concetto di”old ENgland”, “vecchia Inghilterra”è quello prevalente in quel tempo e in Irving, rispetto al concetto di”Britannia”, includente anche Irlanda del Nord, Galles, Scozia), è noto soprattutto(tutti lo considerano il suo capolavoro)per”The Sketch Book of Geoffrey Crayon”, in italiano”Il libro degli schizzi”), nel quale si alternano racconti, racconti di racconti, ossia racconti incastonati in altri racconti, narrazioni para- saggistiche più che decisamente definibili come tali. In tutte le narrazioni, comunque,  prevalgono assolutamente ironia, auto-ironia, umorismo, dove anche l’elemento fantastico ha la sua parte. Esso viene in realtà trattato anche umoristicamente ma anche svelato nella sua reale essenza, come ne”Lo sposo fantasma. Il racconto di un viaggiatore”, ma altrove il dubbio rimane, come in “Il mistero di Sleepy Hollow”, lasciando il lettore nell’incertezza, quella che, per Todorov, nel suo validissimo saggio di 47 anni fa, è feconda per la comprensione dell’essenza del fantastico stesso. Il saggio introduttivo di Goffredo Fofi, valido “savanturier”(neologismo di Boris Vian, “avventuriero sapiente”)di letteratura, cinema ma non solo, è efficace, ma credo non colga nel segno quando afferma che”Le sue storie di fantasmi. ..hanno spiegazioni tutte razionali”( W.Irving, “Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti”, ROMA, Newton Compton, 2008, p.10); semmai hanno spiegazioni “anche razionali”, ma non solo, anche in quanto “playing the plays”,  cuentos de cuentos, narrazioni di narrazioni… Irving è molto”avanti”anche nella demistificazione del mito(allora imperante, e imperante ancora in tanti western, reale memoria collettiva e mito quasi fondatore degli States, almeno fino agli anni 1970)degli Indiani”barbari e cattivi”, anzi ne rivendica la purezza fino alla corruzione indotta dagli”invasori bianchi”, con espressioni che ricordano decisamente in”bon sauvage”rousseuiano.        Eugen Galasso

Leonardo Sciascia di Eugen Galasso

Leonardo Sciascia(1921-1989) , grande intellettuale, scrittore soprattutto civile, impegnato sempre nello smascherare le malefatte del potere/dei poteri, laico ma non incapace di riconoscere i grandi personaggi/le grandi eccezioni nella Chiesa cattolica, è colui che, nel romanzo storico, fondato su documenti probanti relativi all’Inquisizione, “La morte dell’inquisitore”(Bari, Laterza, 1964, ripreso da Milano, Adelphi, 1999), mostra che fra Diego La Matina, fu vittima disperata dell’Inquisizione, dei poteri che “si avvolgevano”intorno alla stessa, che anni dopo in “Dalle parti degli infedeli”(Palermo, Sellerio, 1979)mostra come MOnsignor ANgelo Ficarra, vescovo di Patti, vittima dell’acredine iper-democristiana di chi gli rimproverava di aver favorito, per mancato impegno politico(quasi un ecclesiastico dovesse”tirare la volata”a un partito…)la vittoria del Partito Comunista Italiano a discapito della Democrazia Cristiana, serio studioso e cattolico impegnato nel sociale ma non solo, fosse sostanzialmente”bouc émissaire”(agnello sacrificale)di chi , immemore del dettato biblico, sacrifica”Dio a Mammona”(Matteo 6,24 e Luca 16,13). Il tutto, in forma narrativo-saggistica come altre volte/altrimenti in Sciascia, ossia propriamente in forma di romanzo(récit-racconto sarebbe forse meglio)-saggio, nasce da documenti veri(una lettera a”L’osservatore romano”del 1947)e approda non a una conclusione dogmatico-impositiva, ma a un’amara riflessione, emblematizzata nella frase finale del libro: “Saremmo maliziosi a sospettare una certa malizia-da parte della curia vaticana, della Congregazione Concistoriale, del cardinal Piazza-nella nomina di monsignor Ficarra ad arcivescovo di Leontopoli?”(Leontopoli di Augustamnica, in Egitto, e.g.)(A). Come si vede, alla luce delle “prove addotte”(procedimento seguito da Sciascia anche in”L’affaire Moro”(Palermo, Sellerio, 1978), quindi precedente di un anno rispetto al volumetto esaminato, in”La scomparsa di Majorana”(TOrino, Einaudi, 1975), in quasi tutte le sue opere, non importa se saggistiche o in forma di romanzo(ma cfr.l’annotazione quasi iniziale sul romanzo o racconto-saggio), appellandosi al lettore, Sciascia non procede a una mera, dogmatica”dimostrazione”à la Bertolt Brecht, ma , anche nella forma della domanda retorica prima citata, sfida i lettori a trovare da sé la risposta… Procedimento non dogmatico, diremmo, ma somamente critico, come peraltro nelle corde anche di Leonardo Sciascia quale”esponente politico”.   (A)L.Sciascia, op.cit., p.84

Philip Kindred Dick di Eugen Galasso

Philip Kindred Dick(1928-1982), grande scrittore USA, che però molte storie della letteratura nordamericana colpevolmente ancora non trattano o citano solo in note a piè di pagina, considerandolo forse uno scrittore “di genere”, esorbita invece da ogni genere”conclamato”collocandosi in una zona”alta”della cultura, quella dell’ucronia e della distopia, ossia di società totalmente diverse da quelle”sognate”, auspicate, desiderate, con efficaci anticipazioni a livello di “storia controfattuale”, la storia del “ma se…”, se, per ex.la Germania nazista e il Giappone imperialista avessero vinta la Seconda Guerra Mondiale(“The Man in the High Castle”, 1966, “La svastica sul sole”, in italiano), trattando in modo”eretico”, soprattutto gnostico, il tema del rapporto Dio-mondo, come in”The World Jones Made”, 1956(in italiano”Il mondo che Jones creò”), ma anche in”The simulacra”(1964, it., “I simulacri”), o anche”The Three Stigmata of Palmer Eldritch”(1965, “Le tre stigmate di Palmer Eldritch”),  mentre il racconto lungo “Do Androids Dream of Electric Sheep?”, 1968(“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, nella versione italiana, ma anche”Cacciatore di androidi”)tratta le tematiche dell’alienazione da macchine e soprattutto da robot, da androidi(per cui Dick è unanimemente considerato l’alfiere-pioniere del cyber-punk), da quanto è”altro”e totalmente estraneo.Dick che, ben più che per lo stile, per le tematiche soprattutto”futurologiche”(anche se ormai l’autore, scomparso nel 1982, antevedeva cose  e problematiche oggi già attuali, almeno in gran parte), ha molto influenzato il cinema(“Blade Runner”del 1982, di Ridley Scott,è tratto da”Do androids dream…” , ma altri tre celebri film sono tratti da altrettanti racconti di Dick), spesso(con l’eccezione del citato”Blade Runner”)invero non rendendo molto onore al grande quanto sconcertante scrittore. QUanto alla fama di “maudit”, per Dick, essa è da ridimensionare non poco:renitente alla leva e militante contro la guerra di Corea, Dick non potè laurearsi, motivi che gli costarono l’ostracismo di certe case editrici e di certa stampa; l’uso di droghe non è accertato, anzi probabilmente qualcosa di millantato(anfetamina e LSD le uniche sostanze assunte dall’autore). Dick, grande allucinato, ci insegna molto, anche “non insegnandocelo”o meglio ci fa riflettere, ponendo, in forma non greve, vari interrogativi cruciali.  Tanti gli inediti dickiani, come”Gather yourselves together”, pubblicato postumo nel 1994, ma risalente al periodo 1959-1952(come”Ricomponetevi”, ma in italiano è tradotto come”Il paradiso maoista”), tutti molto interessanti quanto destinati a far discutere.     Eugen Galasso

Corrado Govoni di Eugen Galasso

Corrado Govoni, nato nel 1884 by Ferrara(Tàmara, frazione di Coppàro)e scomparso a Roma nel 1965, rimane importante nel panorama letterario italiano, sia come poeta sia come scrittore(le sue prose sono permeate di quella che si chiamao meglio si definiva”prosa poetica”, dove le”accensioni”e le”illuminazioni”-Rimbaud semper docet-entrano nel flusso narrativo senza urti o noiose”turbolenze”). Vicino dapprima al crepuscolarismo e poi al futurismo, poi fuori da queste correnti, che pure aveva frequentato, Govoni, che nel”Palombaro”aveva dato un esempio di poesia futurista, fatta anche di schemi grafici e quindi di sinestesie parola-immagine, altrove si concentra sull’intimità, sul ricordo delicato e sublimante: “…Per noi muovevi sempre un angelo nascosto/se sedevi in disparte solitaria/raccolta come una Madonna bambina, /le(le mani:sott.)intrecciavi sul senso a coroncina…”. Dapprima vicino al fascismo, poi scosso dalla morte per uccisione del figlio, partigiano comunista, nella”Morte del partigiano”ce ne propone un ritratto antiretorico, di per sé estremamente commovente: “Dorme, dorme lungo disteso/stretto il gonfio collo/nella sciarpa di sangue larga e morbida/sempre più gelida/e il lungo cappotto/è il suo sepolcro/E la sua patria e l’erba”. Della prosa qualcosa s’è detto. Culminante, forse, in un”romanzo-antiromanzo”come”La terra contro il cielo”(1921), racconta la sua vita parlando d’altro, inframmezzando considerazioni sull’amore, la vita, la morte(i temi fondamentali della letteratura di sempre), non rifuggendo da accesi cromatismi(non a caso nel libro si rappresenta quale pittore)e da interruzioni sempre motivate del ductus narrativo volte a riflessioni, a considerazioni, ma anche a lunghe descrizioni sui temi forti sopra brevemente enucleati. Come in Federigo Tozzi e in pochi altri scrittori e poeti italiani dell’epoca, si nota in Govoni una sensualità accesa che controbilancia una valutazione sommaria che attribuiva alla poesia e alla letteratura italiana venature moralistiche.Raccolte fondamentali:”Le fiabe”(1903), “Fuochi di artificio”(1905), “Poesie elettriche”(1911).   Eugen Galasso

Aggiunta:  Critici come Giacinto Spagnoletti, Giuseppe Ravegnani, Pier Vittorio Mengaldo hanno reso giustizia all’arte govoniana, che altrimenti sarebbe stata quasi”liquidata”da giudizi ingenerosi come quello di un Benedetto Croce, aduso a”inquadrare”poeti e scrittori secondo schemi aprioristici derivati dalla sua”Poetica”.Non è certo, peraltro, l’unico caso di”cittadino delle patrie lettere”vittima di disattenzione(per non dire altro)da parte di illustri critici e storici della letteratura, più preoccupati dalla dimostrazione di uno schema che dalla sua verifica nei testi.      Eugen Galasso

“E la sua patria è l’erba”, ovviamente, nel verso finale della poesia sul Partigiano.  Sorry.   Eugen Galasso

Gabriel Keith Chesterton di Eugen Galasso

Gabriel Keith Chesterton (1874-1936), autentico scrittore inglese del Novecento, popolare ma sempre vigile, frutto di studi irregolari ma sempre proficui(interessante, tra l’altro, la sua acuta biografia di SanTommaso d’Aquino), è probabilmente noto al grande pubblico più che altro per “Father Brown”, le avventure del prete-detective reso popolare da film, telefilm, cartoons etc.Se questo”Holmes cristianizzato” rivela di per sé, in tanti racconti e romanzi, l’arguzia del suo autore, sono probabilmente altre le opere in cui è da ricercare la sua originalità, frutto di pochi compromessi: se l’autore, cristiano unitariano, che attraversò anche fasi di scetticismo e ateismo, poi convertitosi al cattolicesimo ma senza trionfalismi, era spesso in polemica con Rudyard Kipling, che riteneva(secondo molti e anche chi scrive a torto) un imperialista e contro George Bernard Shaw e Herbert George Wells, ritenuti “socialisti sovversivi”ma soprattutto modernisti impenitenti, se in parte propugnava il ritorno a una fede non irrazionalistica in parte di stampo medievale, Chesterton era anche un contraddittoriamente geniale protagonista del suo tempo: in “The  Napoleon of Notting Hill”(1904), “The Man Who Was Thursday”(“L’uomo che si chiamava Giovedì”, 1908), in”The Ball and the Cross”(“La sfera e la croce”, 1909), in tanti altri romanzi e racconti l’arguzia britannica si lega al paradosso, svelando realtà assolutamente”altre”da quelle previste, con un improvviso(spesso)rovesciamento di ruoli che può lasciare interdetto, ad una prima lettura, chi si accinga magari un po’distrattamente ad affrontarne le opere. Se in”L’uomo che si chiamava Giovedì”i presunti anarco-bombaroli si svelano per ciò che in realtà sono, ossia dei serissimi agenti di Scotland Yard, se ne” La Sfera e la Croce”il duello iperuranio tra Bene e Male si carica di significati”ulteriori”, Chesterton vede non di”mettere tutti d’accordo”, ma di trovare una seria convergenza, come nelle sue concezioni neo-tomiste, tra ragione e fede. Autore da prendere o da rifiutare, certo, ma che lascia spazi aperti e importanti a chi , senza scegliere a priori un campo versus l’altro, cerca di ragionare, magari contro e senza Gabriel Keith…    Eugen Galasso

Thornton Wilder di Eugen Galasso

Thornton Wilder(1897-1975), grande scrittore e drammaturgo, ma anche filologo e storico, americano ma di profonda cultura europea, è noto per drammi come”The long Christmas Dinner”(“Il lungo pranzo di Natale”, 1931), atto unico che condensa in un’ora movant’anni di banchetti natalizia, narrando la storia di una famiglia e non solo, “Our Town”(“Piccola città”, 1938), dove una cittadina e la sua storia divengono emblematici della vita e della morte,  “The skin of your Teeth”(“La famiglia Antropus”, 1942), “The Matchmaker”(“La sensale di Matrimoni”, 1938 e versione nuova del 1954), dove una commedia -farsa assume anche altre valenze, ispirando poi”Hello, Dolly”, un musical famoso del 1969. Come romanzi scrive”The Cabala”(1926)dove un gruppo di aristocratici italiani è osservato da un giovane americano, ironicamente disposto, che comunque li ammira quasi fossero”dei decaduti”, poi con”The Woman of Andros”(1930)rielabora un po’stancamente miti classici, con”The Bridge of San Luis Rey”(“IL ponte del re San luigi”, 1927), però, per cui ottiene il Premio Pulitzer, riunisce i destini tragici di alcuni personaggi coinvolti in un incidente presso l’omonimo ponte peruviano, che cade, riscontrando il”digitus Dei”, con il personaggio di un frate che verrà sottoposto a giudizio dalla Sancta Inquisitio, venendo condannato. Provvidenza o destino?Wilder opta per la prima ipotesi, non senza problematicità, ma sarà”The Ides of March”(1948, “Le idi di marzo”), a renderlo scrittore insuperabile, con un approccio difficile, per un pubblico non acculturato, con lettere e documenti storici”falsi”, anzi meglio diremmo “apocrifi”, in cui Cesare, Cicerone, Clodia, Catullo, Cleopatra(che in effetti venne a Roma, ospite in parte”indesiderata”, soprattutto da parte delle donne), dibattono vari punti-.chiave: lo Stato, destinato a divenire”Impero”, la religione, i costumi, la famiglia etc., in una chiave che prelude, appunto, alle famose”Idi di marzo”(nel 44 a.C.), in cui Cesare, il “popolare”, perde la vita per mano dei congiurati tra cui Bruto, di cui si diceva fosse figlio di Cesare(ipotesi mai provata, invero)e Cassio, i “repubblicani senatoriali”, conservatori, come conservatore”illuminato”era Cicerone, ucciso o fatto suicidare un anno dopo… “Attraverso una molteplicità di documenti fittizi viene evocato un quadro pluriprospettico di Cesare”, scrive acutamente Carola Surkamp(nel”Metzlers Lexikon amerikanischer Autoren”, Stuttgart-Weimar, 2000, p.719)e anche lo storico italiano Luciano Canfora, nella sua nota all’edizione selleriana (2010, Palermo, Sellerio) rileva come”La manipolazione creativa investe gli stessi personaggi storici; è il dato storico che viene trasformato e i personaggi storici diventano essi stessi loquacissimi attori del romanzo”(in op.cit.). Decisamente novecentesca quanto rispettosa degli “Elementari”storici, il libro di WIlder diventa, molto tempo prima, una sorta di anticipazione delle tecniche narrative”postmoderne”, persino del decostruzionismo, in qualche misura, fornendo comunque un impulso forte all’esortazione alla storia(memore anche di Machiavelli e di Foscolo, pur essendosi occupato più  che altro-ma non solo, certo-di Goethe, Lope de Vega, Joyce). Un’opera da riscoprire, con la finalità di riconnettersi in modo nuovo ai classici greci e latini.    Eugen Galasso

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