Romanticismo inglese di Eugen Galasso

Il Romanticismo, inglese, nella fattispecie, ma “fecondato” da altre spinte(politiche, sociali, la lotta per l’indipendenza greca, mentre quella made in Italy si stava”formando”), letterarie(romanticismo tedesco(le”Maerchen”anche orrorifiche dei fratelli Grimm, i racconti”terribili” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann etc.), filosofico-letterarie(Rousseau, ça va de soi…),  scientifiche(le esperienze “galvaniche”di Giovanni Aldini, scienziato italiano), da presenze molto reali come i suoceri”affascinanti”di Percy Shelley, Mary Wollenscraft, teorica del femminismo e di William Godwin, pensatore utopico, “anarchico”, come Claire Clairmont, “sorella”di secondo letto di Mary, una delle protagoniste di quella”mitica”notte di giugno 1816, detta di”villa Diodati”, dal luogo in cui lord George Gordon Byron, Percy e Mary Shelley, John Willam Polidori, segretario di Byron, ma anche scrittore in proprio e medico, ma anche altri(tra cui Matthew Gregory Lewis, autore a fine 1700 di”The Monk”, forse il primo romanzo gotico, della contessa Potocka e di altre figure)si incontrarono, non per una notte, ma per un’estate del 1816, “El ano del verano que nunca llego’ “(L’anno dell’estate mai arrivata), come nel bellissimo libro(ediz.Bogotà-Barcelona, Literatura Random House, 2015)di William Ospina, poeta, studioso, critico colombiano, che, nel suo libro sospeso(intendo come”sintesi creativa”)tra narrazione(récit, si dice in francese, termine in qualche modo intraducibile…), saggio, epifanie poetiche, ci dà un quadro ampio e saggiamente”divagante”della famosa notte. Un tema già affrontato, altrimenti, da Danilo Arona, studioso italiano, nella sua lunga(100 pagine) introduzione a”La notte di villa Diodati”(Roma, Nova Delphi, 2011). In Arona la preoccupazione è più puntuale-analitica, ricostruttiva, pur con la formulazione di varie ipotesi, mentre il respiro lirico di Ospina(che non esclude né forclude la componente analitica)va oltre, formulando varie ipotesi, come quella della rivalità tra Byron e Polidori, dove i terribili scherzi del poeta, libertino inveterato(bisex, inter cetera), colpiscono sempre John, italo-inglese di solida formazione scientifica, ma impacciato e”cresciuto all’ombra”del”terribile”poeta, come l’innamoramento(solo intellettuale-culturale, certo)di Percy Shelley, persona timida e riservata, nonostante il suo”scatenamento”prometeico, quasi da”Capaneo”dantesco, nella sua” The Necessity of Atheism”, quando poi Ospina ironizza sul comportamento invero molto borghese di Godwin, padre-patrigno amorevolmente borghese verso la sua famiglia molto allargata…  Netta la differenza tra Ospina e Arona a proposito della paternità di”The Wampyre”(Il Vampiro)di Polidori, testo di grande successo: per Ospina Byron per un certo tempo lo accreditare come proprio, per Arona, invece, il poeta si sarebbe discostato ben presto dall’ipotesi… Divergenze più che permesse dalle fonti, molto in contrasto tra loro e capaci di permettere la coesistenza di diverse ipotesi interpretative, appunto… siamo nell’ambito del”compossibile”, appunto. Ospina, gran viaggiatore anche approfittando delle conferenze all’estero, visita Ginevra e la”maldita”residenza ginevrina dei Diodati, nobili made in Italy, massoni(quando ai”freemasons”si attribuivano capacità occulte, medianiche), nobili non ben classificati nella residenza ginevrina, quando Genève era da poco diventata svizzera, dopo essere stata per tanto tempo francese, ma anche in un luogo multi-culturale da sempre e per tradizione, la Francia e soprattutto Parigi, Londra e the old England in genere, Roma, tornando certo anche nella natìa Colombia, regione di Tolìma(quella in cui “el idioma castellano”assume sfumature un po’cantate tali da assimilarlo a certe zone della Romagna), cittadina di Padua. Ritrova tracce, le amplia ipotizzando e poi riflettendo sulle ipotesi, non perde mai le tracce, le ri-confronta. Parte dai fenomnei atmosferici inquietanti(il titolo del libro non è certo solo un pretesto, i fenomeni furono realmente inquietanti , quell’anno), conclude riflettendo su come”mentre Goethe interrogava l’arcobaleno della storia e Schiller concocava alla rivolta, mentre Byron combatteva con i suoi dèmoni e Shelley soccombeva alla fatalità e alla musica(tutti i protagonisti della storia di Villa Diodati muoiono giovani e tragicamente, Polidori suicida, Lord Byron in Grecia combattendo, Shelley in mare per una tempesta, Mary più tardi, ma non anziana-a 53 anni-rosa da un tumore al cervello, su ciò entrambi gli studiosi concordano, rimandando all’eterno mito romantico), Hoelderin incalzava invano le sibille per porre la domanda più profonda e più urgente dei tempi moderni: come si formano i miti, presso i popoli?”(Ospina, “El ano…”, op.cit.,  p.290).  Vie diverse, con Arona così attento alle messe in scena filmiche(pur se anche in Ospina non mancano riferimenti, in particolare alle messe in scena di ROger Corman per”Dracula”e affini(vampiri nelle loro varie declinazioni) e Ken Russell per “Gothic”, sceneggiatura di Stephen Volk , 1986, dove Arona preferisce di gran lunga la sceneggiatura alla realizzazione registica… Ma torniamo ai testi prodotti quell’estate o poco dopo: “The Burial”di Byron(“La Sepoltura”, “The Wampyre”di Polidori, “Frankenstein or the Modern Prometheus”(F.o il moderno Prometeo)di Mary Shelley, mentre Percy  Shelley, per dirla in gergo del gioco alle carte”passa”-si astiene. Interessante il tema delle due figure, dove potremmo intravvedere il fantasma dell'”Altro”, come Arona(ma, da altri presupposti) sembra  lasciar intravedere, nel breve racconto, molto enigmatico di Byron, che invece Polidori sviluppa, senza mai cadere nelle secche del vampirismo”gore”…  Ma il testo più geniale è quello di Mary Shelley, con il mito prometeico del mostro di Frankenstein(in realtà così si chiama lo scienziato del romanzo, ma quasi tutti/e attribuiscono il nome alla”creatura”), tra “Nuovo Prometeo”, appunto e”homunculus”di Teofrasto Bombasto Paracelso e non solo…   Per dirla in formula:”il Romanticismo è vivo e lotta insieme a noi”.   Eugen Galasso

Lev Tolstoj di Eugen Galasso

Lev Tolstoj(1828-1910)è giustamente considerato uno scrittore di enorme rilievo(non so dirlo meglio), pur se rimane controversa la questione del rapporto con DOstoevskij, ossia l’eventuale superiorità dell’uno sull’altro, una quaestio che per molti critici dell’epoca(Soloviev, per fare un esempio)si risolve a favore di Dostoevskij, fino a un libro degli anni Settanta del Novecento di George Steiner, con romanzi come”Anna Karenina”, “Guerra e pace”, “Sonata a Kreutzer”,  tanti racconti (quelli di Sebastopoli, quelli dedicati al Natale e altre feste cristiane), fiabe, testi teorici, saggi. IN Tolstoj, dove “ingenerosamente”, in realtà pour cause,  per ex.in”Guerra e pace”si sottace la grandezza di Napoleone, che l’autore ritiene solo militare, il pensatore(grande, certo, entro i limiti umani, indubbiamente più di molti  “filosofi di professione”, magari di coloro che per tutta la vita studiano  Heidegger o Carnap senza capirci invero molto…)entra sempre nell’opera creativa, lo scrittore è anche nei saggi. Vegetariano, pacifista convinto(lui che era stato ufficiale nella guerra di Crimea), fautore di una pedagogia anti-autoritaria(a Jasnaja Poljana, suo luogo di nascita, fondò una scuola ispirata ai suoi ideali), avversario della proprietà privata, teorico di un cristianesimo anti-trascendente, fondato sull’amore del prossimo(“IL regno di Dio è in voi”), sostenitore della vita pratica(“Che fare?”)e di un’arte al servizio della vita sociale(“CHe cos’è l’arte”), autore di un solo testo teatrale di grande rilevanza politica(“La potenza delle tenebre”), fondato sul rifiuto della guerra e del militarismo, ispiratore di Gandhi, con cui fu in contatto epistolare come anche di tante teorie e prassi nonviolente e libertarie(pur se non si disse mai né”anarchico”né”libertario”, forse perché rifiutava le etichette), la lettura di ogni opera letteraria e teorica di Tolstoj è di grande importanza. Chi scrive, da”tolstojano”era, anzi è diventato conscio di limiti anche notevolissimi delle teorie del grande autore (questa, credo, la migliore definizione della sua opera), ma ne riconosce i meriti, in primis per essersi espresso coerentemente, senza rèmore, in un’epoca in cui ogni presa di posizione era/è”sotto attacco”, per aver preso su di sé attacchi, calunnie, insulti, oltre(certo)a riconoscimenti anche di grande importanza.   Ogni testo(come si è detto, letterario, teorico, pedagogico etc.)di Tolstoj è da prendere in considerazione, dalla sua critica alla caccia, all’ alcol e alle”droghe”(all’epoca l'”offerta”era ben più limitata…), fino alle rappresentazioni “epiche” delle grandi questioni(guerra versus pace, amore e matrimonio, castità)nelle opere maggiori o meglio più conosciute. Sempre tenendo presente che l’opera tolstojana è una, “indivisibile”, non parcellizzabile per esigenze di analisi e di studio.    Eugen Galasso

Irving Washington di Eugen Galasso

Washington Irving(1783-1859), considerato il primo vero grande scrittore USA(una generazione o quasi prima di Poe, Melville, Emerson, Hawthorne, per intenderci), di radici saldamente olandesi, in varie occasione ricordate, ma attento alla riscoperta di quelle inglesi e in genere britanniche(ma il concetto di”old ENgland”, “vecchia Inghilterra”è quello prevalente in quel tempo e in Irving, rispetto al concetto di”Britannia”, includente anche Irlanda del Nord, Galles, Scozia), è noto soprattutto(tutti lo considerano il suo capolavoro)per”The Sketch Book of Geoffrey Crayon”, in italiano”Il libro degli schizzi”), nel quale si alternano racconti, racconti di racconti, ossia racconti incastonati in altri racconti, narrazioni para- saggistiche più che decisamente definibili come tali. In tutte le narrazioni, comunque,  prevalgono assolutamente ironia, auto-ironia, umorismo, dove anche l’elemento fantastico ha la sua parte. Esso viene in realtà trattato anche umoristicamente ma anche svelato nella sua reale essenza, come ne”Lo sposo fantasma. Il racconto di un viaggiatore”, ma altrove il dubbio rimane, come in “Il mistero di Sleepy Hollow”, lasciando il lettore nell’incertezza, quella che, per Todorov, nel suo validissimo saggio di 47 anni fa, è feconda per la comprensione dell’essenza del fantastico stesso. Il saggio introduttivo di Goffredo Fofi, valido “savanturier”(neologismo di Boris Vian, “avventuriero sapiente”)di letteratura, cinema ma non solo, è efficace, ma credo non colga nel segno quando afferma che”Le sue storie di fantasmi. ..hanno spiegazioni tutte razionali”( W.Irving, “Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti”, ROMA, Newton Compton, 2008, p.10); semmai hanno spiegazioni “anche razionali”, ma non solo, anche in quanto “playing the plays”,  cuentos de cuentos, narrazioni di narrazioni… Irving è molto”avanti”anche nella demistificazione del mito(allora imperante, e imperante ancora in tanti western, reale memoria collettiva e mito quasi fondatore degli States, almeno fino agli anni 1970)degli Indiani”barbari e cattivi”, anzi ne rivendica la purezza fino alla corruzione indotta dagli”invasori bianchi”, con espressioni che ricordano decisamente in”bon sauvage”rousseuiano.        Eugen Galasso

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