LE MUSE

A Ives Bonnefoy

Clio, Talia, Erato, Euterpe, Polimnia, Calliope, Tersicore, Urania e Melpomene, sarcofago in marmo (Parigi, Louvre).

muse

Avvolte. Segretamente avvolte

In un cuore invisibile

Le pene del mio Christo, insospettate.

Nel sudore, immateriale,

con l’ardore, intoccabile.

All’impulso, vitale.

Avvolte. In visi ricoperti

Di luci inspiegabili;

nelle foglie trèmule

dai rametti che tradiscono gli anni.

Dai semafori spenti, negli incroci,

negli strani crocicchi

di ricordi ancestrali

Dove spunta appannata

la Luce artificiale di fanali inanimati.

Nella mano incredula

che non vuole affetti.

Nell’inutile rincorrersi

dei ricordi meccanici.

Dai lucernari occulti

Dove s’ammassano,

disordinate,

storie finite di famiglie

in cui è nata una una donna.

Nei cognomi allineati,

sui campanelli degli appartamenti,

Stampati, esposti

come collezioni di farfalle.

Nei viali cittadini

Dove gli alberi stirano a dover

Le foglie rinsecchite

Respirando la poca luce

che passa tra le case avide.

Accolte, non viste,

Strutture aghiformi,

spuntate, lisciate.

Con i nodi dell’esistenza

Sulle reti trainate a poppa.

Con gli orologi uggiosi

Battendo cadenze misurate

Fissate, rigide, inermi.

Con i linguaggi spersi,

disciolti in vocabolari,

boccate di consuetudine,

luoghi comuni che sembrano persone

vive e vegete.

Avvolte. In visi ricoperti

Di luci inspiegabili;

dubbiose se doversi rivelare

negli incontri, prefissati,

con parole discusse.

A tristezze, invocate.

Eccole però rivivere,

in quegli incontri incomprensibili,

le costellazioni dell’universo.

Nella paglia strappando

Solo i gialli scoloriti,

i ventri delle spighe

lasciate ai ciuffi verdi.

Nelle notti ghermendo

I fiori della mia vita,

i chicchi sparpagliati,

rubati al mondo verde.

Nella fatica, quotidiana,

con insistenza, voluta.

Alla ricerca, illusa.

Avvolte.

Segretamente pòrte

In visita dagli uomini,

biglietti

di cortesia, velati.

Avvolte. Segretamente avvolte

Le pene del mio Christo,

insostenibili.

Avvolte,

rese cristallo dal dolore acceso,

puro diamante,

rosso rubino

trasformato in curve

rettilinee d’amore,

tese al confine estremo

dell’infinito suono.

Sì, avvolte nelle volte

in cui mi sento persa,

sola,

sùbito immerse

nella gioia d’essere

e asciugate al sole,

tessuti aurei

nei destini amici.

Avvolte.

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