cuento di eugen galasso

Rimestava taccuini, libri, libercoli, pubblicazioni varie, riviste(“ma varda ti, go mès un sghit anca lì”- per i non trentinofoni-l’autore non lo è, neppure il protagonista-attore del tutto,  ma… lo”sghit”è l’escremento, in genere piccolo, degli uccellini), ripensando suo imbranamento, suo”stand by”-sand by, era venuto fuori dal computer, chissà, refuso quasi provvidenziale, se solo fosse vero… “Chissà, pensava”, francamente stasera vorrei solo riposare(si fa per dire, aveva davanti a sé due bei tomi da approfondire…), “invece mi tocca portarmi dietro tutto, quantomeno questo libro(detto indicandolo), quindi… Poi, in definitiva, chissà quanto riuscirò a leggerne. ” Era già in autobus, quello notturno o quasi, con pochissimi compagni di viaggio(condizione ideale per leggere, dormire, fare di tutto, ma…), ma pensava a tutt’altro, ai problemi di cuore(nel doppio senso), alla sua faiblesse cronica, a qualche crux philologica, che ora non avrebbe più ripreso, forse… .

I dolori non erano cosa da poco, qualche volta si faceva sentire-rifaceva capolino anche il fantasma di Mur(no, non Moore Henry,  il grande scultore, di cui da ragazzo aveva visto una mostra non capendoci nulla o ben poco, neppure quello dello stevensoniano “Treasure Island”, no,  ma proprio Mur, Harry Mur o come voleva-soleva chiamarlo…il suo compianto amico amante dell’ex RDT, del KGB, quello del ritratto di Stalin sopra il letto…), era tutto così complicato, non sapeva..  Quand’ecco l’ombra di qualcuno/a, che si disperdeva nella curiosa nebbiolina del posto(colline fiorentine, ma…potrebbe essere altrove, per quel che conta, nell’economia del racconto). Aveva provato a tener dietro al passo, ma non ci riusciva, pur essendo un pedone nato(in quanto sprovvisto di mezzo, non automobolista, per dirla litoticamente), per la debolezza di cui sopra e prima… Un bel disastro, perché la curiosità riempie di sé tutto. Certo, “the time of wine and roses”era passato(si fa ovviamente per dire, essendo il nostro un rigoroso astemio, ma le rose, magari…), ma l’imprint sì, quello era rimasto… Qualche giro ancora, ma la speranza al secondo mini-tornante(a piedi, si ripete)era ormai bell’e passata. Rimaneva, però, una strana scia bianca, anzi, à mieux dire, grigiastra… Un odore, anche, quasi un profumo(?), ma era troppo aduso a considerazioni sinestesiche(tipo Proust, tipo madeleinettes)per lasciarsi ingabbiare. Qualche altro giro à rebours, per ritrovare le tracce.  E finì a teatro, come gli toccava almeno una volta alla settimana.

(Eugen Galasso, 31/01/2009)

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