Restano di te le orme

Restano di te le orme

che ho trovate, immemori,

nella città inselvatichita,

che ansima, come un grosso animale.

Le case devono essere fatte di forza vitale.

Restano di te le orme,

dalle quali ci si può fare un’idea

di come tu, cammini, vai.

L’intensità del passo, la misura, il peso

con l’equilibrio, incedono, sul suolo,

ci regalano, armonie e disarmonie, piccoli

salti nel vuoto, docili corse,

statiche movenze quando c’è silenzio

nella volontà delle membra, se si dorme

oppure si riposa, all’ombra.

Ecco musica nuova sento e poi odo

con le mie orecchie: mi dicono le note

di vite trascorse e di esperienze

vive, rassicuranti, calme o veloci,

naturali, simili nelle forme,

a decise nervature delle foglie.

Ha importanza che siano

verdi o secche?

Io nelle tue orme

vedo innalzarsi nell’invisibile

velo dell’aria e della luce

le tue timide ali.

Le vedo solo io, ne sono certa.

Non è più necessario il loro andare,

dici tu, tanto tutti dicono

che non esistono.

Che t’importa,

se voli?

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